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  • annapasquini1979

Incontro con l'autore: Luca Bettega



Ciao Luca, grazie per il tuo tempo. Parlaci di te. Chi sei? Che fai nella vita e come è nata la tua passione per la scrittura.

Buongiorno Anna e buongiorno a tutti. Sono un 46enne felicemente sposato, con 3 figli, ancora abbastanza piccoli ma che hanno la tendenza a crescere un po’ troppo alla svelta. Lavoro da alcuni mesi come educatore in una RSA (Servizio divenuto ahimè tanto famoso in questo periodo di pandemia), in precedenza invece ho lavorato per quasi vent’anni in una comunità educativa per minori. La passione per la scrittura è nata proprio lì, in un periodo in cui prestavo servizio nella comunità 6-11 anni. Mi venne l’idea di abbinare ad alcune delicate riflessioni educative, delle storie per bambini che raccontassero in maniera più lieve, meno invasiva, i medesimi temi (aggressività, incompetenza genitoriale ma anche affido, abuso). Ne sono nati diversi racconti che anche i miei supervisori, due pedagogisti molto stimati della zona, hanno apprezzato, convincendo il direttore della struttura a farne due belle raccolte, illustrate dagli stessi bambini a cui erano dedicate. Dopo questa prima esperienza letteraria ho iniziato a lanciarmi nella scrittura con un po’ più di coraggio, abbracciando i generi che maggiormente prediligo: infanzia, horror e thriller. Col matrimonio e la nascita dei bambini, una decina di anni fa accantonai gran parte della mia verve letteraria a favore della vita familiare. Da qualche anno ho invece sentito riaffiorare con decisione il desiderio di rimettermi in gioco, così ho rispolverato la tastiera del pc e ho dato di nuovo sfogo alla creatività.

Parlaci del tuo libro e di come è nata l’idea per la sua scrittura.

Questo libro nasce da una delle tante idee che mi ronzano in testa e che talvolta provo a sviluppare. Qualche volta mi sembrano adatte a racconti medio-brevi. In altre occasioni, come in questo caso, l’idea mi porta a immaginare una storia più ricca e complessa, che ben si confà al romanzo. Quando ho deciso di buttarmi nella stesura di questo libro avevo anche altre storie in mente, ma quella di Pier bussava più forte delle altre. Così mi sono convinto ed è nata la vicenda di questo Commissario della Questura di Lecco, Pierangelo Lucchini, o più semplicemente Pier, che si avvia alla pensione dopo una carriera ricca di soddisfazioni. L’uomo immagina ora di potersi dedicare a tempo pieno alla famiglia, spesso trascurata in passato. In particolare spera di migliorare i rapporti col figlio Andrea, ormai quasi trentenne ma ancora molto immaturo e oppositivo verso il padre. Il destino però ha in serbo piani diversi. Poco dopo la pensione infatti un killer conosciuto come Il Roberta (poiché sceglie vittime accomunate appunto da questo nome), torna a colpire dopo anni di latenza. Questo assassino, unica macchia nella carriera di Pier, lo riavvicina, anche se in modo informale grazie ai continui contatti con l’ex collega Pedrelli, a un’indagine che pareva ormai sepolta. L’ex Commissario, venendo meno alle sue intenzioni, si lascia sempre più catturare dal caso, trovandosi inevitabilmente a fare i conti con l’inasprirsi dei rapporti familiari. Ormai però Pier sente di non poter trovare pace se non dopo la cattura del Roberta. Basta ora, altrimenti svelo troppo…


Sei un appassionato di gialli o leggi anche altri generi? Se sì quali?

Mi piace molto leggere ma non sono certo definibile come un divoratore di libri. Un po’ per pigrizia, un po’ per mancanza di tempo, non leggo moltissimi libri all’anno. Forse anche per questo divento selettivo cercando di avvicinarmi a letture che mi garantiscano un certo piacere. I filoni che prediligo sono indubbiamente il thriller e l’horror, ma mi è capitato di leggere anche altri generi, che mi hanno spesso lasciato piacevolmente sorpreso. Nel recente passato ad esempio ho letto Guida galattica per gli autostoppisti, un romanzo umoristico di fantascienza di D. Adams, che mi ha divertito moltissimo e ho trovato a tratti geniale; ma ho provato a leggere anche Frammenti di un insegnamento sconosciuto di P.D. Ouspensky, discepolo di Gurdjieff, o I racconti di Belzebù al nipote dello stesso Gurdjieff, incuriosito dalle influenze che quest’uomo ha avuto sul cantautore Battiato. Mi sono in questo caso accorto di essermi avventurato in letture troppo alte per le mie possibilità. Pazienza, ci ho provato… Mi è capitato poi di concedermi a letture molto leggere, come F. Volo per intenderci.

Alla fine però la maggior parte dei libri che ho sfogliato parlano di poveretti che muoiono o se la fanno sotto dalla paura… Ho letto thriller e horror di diversi autori, senza affezionarmi a uno in particolare. L’unica eccezione è S. King, di cui ho letto quasi tutto, credo. Per il resto, quando ho l’occasione di dedicarmi alla lettura, mi lascio guidare dall’istinto del momento, o da qualche consiglio. Negli ultimi anni ho apprezzato alcune opere (altre meno) di G. Cooper o, prima ancora, di G. Faletti, ma anche di altri autori a cui mi sono avvicinato. Direi che la letteratura thriller non è carente di offerta!

Quasi dimenticavo, l’esperienza della pubblicazione ha acuito la mia curiosità sugli autori emergenti, donandomi piacevoli sorprese, come te Anna, o Fabio Fiorini (per restare in tema di thriller), ma anche Marcello Antelao o lo stesso William Silvestri. C’è una letteratura “sommersa” che vale davvero la pena di scoprire!

L’ambiente ha di certo influito moltissimo. Il romanzo infatti si sviluppa tra Dervio, il piccolo comune del Lago di Como dove sono nato e cresciuto, e dove anche Pier vive con la sua famiglia, e i paesi limitrofi, spaziando tra la Brianza, il Lario e la Valtellina. Ho fatto questa scelta sia per amore verso i “miei” luoghi, ma anche per scrivere di posti che conosco, evitando il più possibile di infilarmi in descrizioni poco precise e veritiere. Insomma, è più facile descrivere casa tua che quella degli altri…

La mia quotidianità non credo abbia inciso in maniera particolare nel definire i personaggi e le loro caratteristiche, anche se senza dubbio il mio lavoro può aver stimolato la mia fantasia rispetto al disagio e alla sofferenza che possono scaturire in violenza. Come anche è naturale che alcune caratteristiche mie o di persone che ruotano intorno alla mia vita possano aver ispirato alcuni aspetti caratteriali di questo o quel personaggio. Però, mi ripeto, tutte le vicende e le caratteristiche dei personaggi, nascono dalla mia fantasia.

(Grazie Luca! , ndr)

Quanto la tua quotidianità e l’ambiente in cui vivi ha contribuito alla trama e ai personaggi?

L’ambiente ha di certo influito moltissimo. Il romanzo infatti si sviluppa tra Dervio, il piccolo comune del Lago di Como dove sono nato e cresciuto, e dove anche Pier vive con la sua famiglia, e i paesi limitrofi, spaziando tra la Brianza, il Lario e la Valtellina. Ho fatto questa scelta sia per amore verso i “miei” luoghi, ma anche per scrivere di posti che conosco, evitando il più possibile di infilarmi in descrizioni poco precise e veritiere. Insomma, è più facile descrivere casa tua che quella degli altri…

La mia quotidianità non credo abbia inciso in maniera particolare nel definire i personaggi e le loro caratteristiche, anche se senza dubbio il mio lavoro può aver stimolato la mia fantasia rispetto al disagio e alla sofferenza che possono scaturire in violenza. Come anche è naturale che alcune caratteristiche mie o di persone che ruotano intorno alla mia vita possano aver ispirato alcuni aspetti caratteriali di questo o quel personaggio. Però, mi ripeto, tutte le vicende e le caratteristiche dei personaggi, nascono dalla mia fantasia.


Nel libro parli molto di infanzia violata, è un tema a te caro? Sei preoccupato per i giovanissimi d’oggi e la facilità accresciuta dai social di cadere in facili trappole?

Hai colto nel segno. Quanto poc’anzi ti dicevo che il lavoro può avere stimolato la mia fantasia nel costruire la trama di Pier, intendevo proprio questo. Lavorare in una comunità per minori, soprattutto anni fa quando mi sono trovato a contatto con bambini tra i 6 e gli 11 anni, ma anche negli ultimi anni con gli adolescenti, mi ha posto più volte di fronte all’infanzia violata, maltrattata, abusata. Poi inevitabilmente (o quasi) il male subito dal bambino sfocia in rabbia che può esprimersi in aggressività e nuova violenza. Mi ha sempre impressionato come si tenda a vedere questi due aspetti drammatici della persona sofferente, come fossero distinti e separati. Se racconto di un bambino che ha subito ogni sorta di violenza ci si stringe il cuore e ci riempiamo di indignazione. Se però parlo di un adolescente (o peggio un adulto) che aggredisce, stupra, usa violenza, allora siamo colti da un atteggiamento di condanna senza se e senza ma. Molte volte però, quel bambino che ci ha fatto stringere il cuore e quell’adulto che ci fa ribrezzo, sono la stessa persona…

Pier è un romanzo senza molte pretese, un thriller che spera di accompagnare il lettore verso un’avventura avvincente e, se possibile, qualche salto sulla sedia. Se devo individuare nel mio romanzo un obiettivo serio, un messaggio diciamo, forse è proprio questo: cercare di creare empatia tra il lettore e il killer nella sua infanzia, avvertire un forte senso di pietà verso quel Michele bambino che ne ha subite di tutti i colori. Per questo dedico tanto spazio nel romanzo al Michele bambino. La speranza mi porta a immaginare che il lettore, di fronte agli omicidi tremendi perpetrati dal killer, provi un forte senso di repulsione e di condanna, però verso i gesti di Michele, le sue azioni tremende, e non verso la sua persona, che è e rimane la vittima di una vita dannatamente ingiusta! Nel mio romanzo la realtà è molto estremizzata, ma il principio per me è lo stesso, e lo penso perché ho conosciuto diversi minori resisi protagonisti di gesti spregevoli e assolutamente da condannare, ma allo stesso tempo vittime di una vita assurda e crudele…


Rispetto alla seconda parte della domanda, sì, sono preoccupato per i giovanissimi e per l’aggravante creata dai social per la loro crescita, anche perché i miei figli stanno velocemente arrivando a varcare il confine tra infanzia e adolescenza. Reputo però che il problema principale vada visto non tanto nei potenziali pericoli esterni (che di certo la tecnologia amplifica) ma soprattutto nella capacità della famiglia (in particolare) ma anche di altre agenzie educative, di saper preparare i giovanissimi al mondo e ai suoi pericoli. Innanzitutto mettendogli in mano strumenti adatti alla propria età, a costo di combattere aspramente contro le pressioni sociali che tendono purtroppo oggi a proporci bambini come piccoli adulti. Basti pensare a quanti piccoli, che non sanno nemmeno scrivere, sappiano già maneggiare con sicurezza il cellulare dei genitori, o quanti bambini abbiano in mano già alle medie o alle elementari, cellulari propri in grado di inserirli in un modo che racchiude ogni sorta di informazioni, oppure infine i negozi di abbigliamento per bambine carichi di spalline che scendono, pancine scoperte, top e reggiseni (a 7 o 8 anni??).

Ecco, tutte queste cose mi fanno paura, certo. Rimango comunque dell’idea che i primi responsabili dei giovanissimi siamo noi genitori, e dobbiamo con fermezza farci carico di questa responsabilità, senza delegare o nasconderci dietro a facili scuse… che vuoi, ormai fanno tutti così, no?

Penso che occorre avere il coraggio di prendere coi propri figli delle decisioni “scomode”, per certi versi controcorrente, abbinando una grande disponibilità a spiegarne il perché, dando spazio alle discussioni che ne scaturiscono, nella speranza di arricchirli il più possibile degli strumenti e dei valori necessari per saper affrontare quanto il mondo presenterà loro via via che acquisiranno autonomie.

Grazie Luca per queste interessanti e giusrissime riflessioni. Tornando alla nostra intervista, per la parte psicologica presente nel testo ti sei avvalso di professionisti del settore? Li hai consultati?

Nella prima stesura ho fatto tutto da solo, rispolverando l’infarinatura di nozioni accumulate nel mio percorso formativo come educatore. Terminato il libro ho chiesto alla psichiatra dott.ssa Chiara Ruffini, che prestava servizio di consulenza e supervisione presso la comunità dove lavoravo, se mi avesse dato qualche consiglio per migliorare il romanzo dal punto di vista psicologico. Chiara, da accanita lettrice, ha accettato molto volentieri, offrendomi diversi spunti che mi hanno permesso di affinare le caratteristiche di alcuni personaggi, rendendoli maggiormente credibili. Ne sono nate alcune piccole aggiunte, niente di stravolgente, eppure a mio avviso essenziali per dare una marcia in più alle personalità dei protagonisti.

Stessa cosa ho fatto per la parte inerente il corpo di Polizia. Ho la fortuna di annoverare tra gli amici Giorgio Mazzieri, Ispettore Superiore presso la Procura di Lecco, tra l’altro appassionato di scrittura e lettura. Anche il suo aiuto è stato prezioso, permettendomi di descrivere in maniera più precisa ruoli e ambienti della Questura.

Quale personaggio è più vicino a te?

Non c’è un personaggio a cui mi sento più vicino. Tuttavia si può trovare qualcosa di me in diversi personaggi. Ad esempio Pier ama bere whisky pur non essendo un intenditore, un po’ come me, anche se non alzo il gomito quanto lui! Oppure Pedrelli gioca d’azzardo online, attività che ho più volte praticato anch’io in passato. Dal punto di vista caratteriale invece credo di non sentirmi vicino a nessuno dei personaggi, non mi vedo in nessuno di essi.

Se invece parliamo di legame, allora sì, ho un preferito: il piccolo Michele. Le pagine dedicate alla tragica infanzia di Michele sono quelle che ho riempito con maggior trasporto… e dolore.

Prevedi un sequel?

Innanzitutto non so se e quando scriverò un nuovo romanzo. L’idea in sé mi piace molto, ma so che buttarsi in un romanzo è un viaggio lungo e faticoso, e trovare tempo, energie e motivazione non è per niente facile.

Tuttavia delle idee per un sequel le avrei. Si tratta di un paio di storie che sono in realtà indipendenti da Pier, ma riprenderebbero alcuni personaggi e situazioni che hanno fatto la loro comparsa in questo libro.

Immagino che, come è stato per Pier, quando mi sentirò pronto per avventurarmi in un nuovo libro, sceglierò la storia che maggiormente busserà nella mia testa in quel momento. Con Pier in fondo ha funzionato!

Una mia curiosità Roberta era il nome di una che ti era antipatica? Scherzi a parte, scelta del nome del tutto casuale?

Sì, sì! Nessuna Roberta sul mio libro nero, lo giuro! Come tutti i personaggi delle storie che invento, quando viene il momento di dare un nome, è come se quel personaggio lo avesse già. Nel caso del nome delle vittime del killer, Roberta era quello che sentivo essere giusto. A Differenza di altri personaggi, in questo caso avevo provato con qualche altro nome, più che altro per capire come sarebbe stato con l’articolo maschile davanti. Alla fine però Roberta ha sbaragliato senza difficoltà ogni possibile avversario. Anzi, Il Roberta

Grazie Luca! È stata un’intervista illuminante!

Grazie e te Anna e grazie ad Alessandria Today per la possibilità che date a me e altri scrittori emergenti di potersi raccontare e poter parlare del dei propri libri. Grazie di cuore!

Speriamo vivamente di leggere nuovi romanzi firmati Bettega!

Un forte in bocca al lupo!

Anna Pasquini




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